Maternità ed Arte

Alice Munro vs Alice Neel
Un articolo di Mottes Marika dal blog livingwomen

 

Ci sono tanti modi per essere madre, non sono altrettanto certa che sia lo stesso per essere artista.
O forse sì.

 

Alice Munro, classe 1931 e vincitrice del Nobel per la letteratura nel 2013, madre di 4 figli,
dichiara apertamente di aver deciso di scrivere racconti anziché romanzi per non vedersi
costretta a rinunciare alla sua scrittura, potendosi così dedicare contemporaneamente anche
alla famiglia. Ma anche Alice Neel (1900-1984), pittrice ritrattista contemporanea,
particolarmente riconosciuta per i suoi dipinti olio su tela che riproducono amici, famigliari,
amanti, poeti, artisti e sconosciuti . Una vita sentimentale e famigliare intensa e travagliata vissuta
in nome della propria arte e della propria diversità, come donna e come madre…
Ho incontrato Alice Neel in qualità di artista (in Italia tutt’oggi molto poco conosciuta)
imbattendomi per caso in una mostra a lei dedicata a Londra nel 2010 presso la Whitechapel
Gallery. Pittrice americana, ritrattista dal tocco impressionista. Prima donna ritrattista
riconosciuta come tale dal “mondo dell’arte” del Ventesimo secolo. Nata nel 1900 la sua vita
fu una continua ribellione ai cliché femminili e borghesi di quegli anni; catturò con la sua arte
le difficoltà della realizzazione dell’emancipazione femminile negli Stati Uniti. Anni in cui
emancipazione significava davvero emancipazione da stereotipi patriarcali e sociali ben radicati nel
ceto medio americano. Alice Neel lottò incessantemente contro le norme sociali che la videro unica
donna pittrice donna o quasi, una carriera dominata dalla sua pressoché unica presenza in qualità di
donna e madre in un mondo quasi totalmente maschile. I suoi dipinti si fanno notare per l’uso
espressionista di linee e colore, per l’acume psicologico nel cogliere i soggetti di volta in volta
ritratti, e per la grande intensità emotiva. Fu dichiarata “una dei migliori artisti ritrattisti del 20°
secolo” da Berry Walker, curatore di arte moderna e contemporanea presso il Museum of Fine Arts,
Houston, che nel 2010 organizzò una retrospettiva del suo lavoro.

Credits: theparisreview

Totalizzante trovarsi di fronte a questi ritratti. Più di tutto, veri. La sua famiglia, poeti, cantanti,
emarginati, immigrati, bohemiens, sconosciuti e celebrità (celebre il suo ritratto di Andy
Wahrol del 1970)... Nessuna mistificazione della realtà attraverso l’utilizzo dell’arte. E’ come
guardare attraverso gli occhi di un bambino: stessa curiosità, stessa innocenza, stessa insolenza.
Semplicemente, ti scava nell’anima. Ogni dipinto, un colpo diritto e ben assestato.

 

Madre di 4 figli, 2 maschi e 2 femmine – una vita complessa segnata dalla perdita di
entrambre le 2 figlie femmine in circostanze differenti: Santilliana, morta di difterite poco prima
di compiere il primo anno nel 1927 (il trauma la avvicinò ai temi di maternità, perdita, ansia che da
allora permearono i suoi dipinti). Poco dopo la morte di Santilliana, rimase incinta di Isabella Lilian
(Isabetta) che nacque a NY nel 1928. La nascita ispirò il suo lavoro “Well Baby Clinic”, ritratti di
madri e neonati in una clinica di maternità che rimandano più ad una clinica per insani di mente che
ad un reparto maternità. Nel 1930 il compagno Carlos se ne tornò improvvisamente a Cuba,
portandole via Isabetta. Alice Neel ebbe un terribile esaurimento nervoso, fu ricoverata in ospedale
e tentò il suicidio. Fu internata al Philadelphia General Hospital. Isabetta si suicidò nel 1982, due
anni prima della morte della madre. Madre e figlia si videro solo 3 volte dopo il 1930; durante la
visita più lunga Alice la ritrasse nuda all’età di 6 anni. Tuttora un dipinto da alcuni ritenuto dal
contenuto inappropriato e controverso.
Relazioni prima di tutto complicate e poi inevitabilmente andate infrante. Separazioni,
depressione, ricoveri ospedalieri, lutti improvvisi. Tutto questo è incredibilmente presente nei
suoi ritratti; che certamente esprimono i soggetti, ma sono nel contempo anche un’espressione
di sé. Sono dipinti potenti.
Durante quella mostra a Londra, ho anche avuto modo di vedere il documentario che i 2 figli
maschi sopravvissuti hanno diretto e girato in ricordo della madre. Documentario che faceva parte
della mostra, trasmesso a ripetizione in una piccola stanza allestita nella galleria. Mi ha colpita
moltissimo il fatto che dai suoi stessi figli Alice sia stata riconosciuta prima come artista che come
madre. Che essi stessi le diedero un valore maggiore come artista che come madre. E al tempo
stesso, seppure con dolore, le riconoscono oggi il coraggio e la coerenza dell’aver scelto prima l’arte
anziché la famiglia. Anziché loro. Una verità dolorosissima vissuta da entrambe le parti. Ma
centrale nel definire Alice Neel come l’artista che ha scelto di diventare. La sua scelta è stata essere
l’artista che sentiva di essere. Vivere da artista, e non da madre. Pur essendolo, madre. In quegli
anni, una scelta oltremodo coraggiosa. A sua stessa ammissione, incosciente. Ma a lei necessaria.
Anche madre lo è stata. In modo autentico, a tratti in modo crudo e crudele (a testimoniarlo anche
dei 2 figli maschi, e la figlia femmina perduta 2 volte: la prima perché portatela via dal padre a
Cuba, la seconda quando morì suicida in età adulta). Testardamente coerente con se stessa e la sua
natura ribelle ed anticonformista Alice visse così da artista anche il suo essere madre, nel modo in
cui lei sentiva di essere. E questo le costò perdita di reputazione, perdita di denaro, ed anche la
perdita dell’amore dei propri figli. Ma è nonostante tutto questo dolore e scegliendo se stessa, che è
potuta diventare l’Alice Neel che il mondo dell’arte oggi può e finalmente vuole riconoscere. La sua
è una pittura che riflette apertamente la difficoltà di essere donna e artista.
Nonostante tutto, tutto questo dolore è stato anche vitale, una scelta consapevole che ha portato
all’apice la sua espressività di artista. Basta dare uno sguardo ai suoi lavori, per sentire di cosa
stiamo parlando. “L’arte di non saper sedere graziosamente”. E forse, le dobbiamo tutte un po’ di
riconoscenza, se oggi possiamo permetterci di decidere quanti compromessi siamo disposte a fare
come madri per raggiungere i nostri obiettivi, quale tipo di artista possiamo e vogliamo essere.
Quanto siamo disposte a sacrificare dei nostri figli e della nostra vita personale. Come ha saputo e
voluto fare la scrittrice Alice Munro, nata 30 anni più tardi. Vincendo anche un Nobel.

“Se mia madre fosse stata soddisfatta con il paradigma di ciò che ci si aspettava
dovesse essere una donna, non avrebbe realizzato nulla”.